I PREMI DI RISULTATO
di Lucia Caccia, Consulente del Lavoro – Bergamo
Con l’approssimarsi della fine dell’anno le aziende erogano i premi di produttività ai loro dipendenti, per usufruire della detassazione sui premi di risultato vanno rispettati determinati criteri.
La risoluzione 78/E/2018 dell’agenzia delle Entrate da indicazioni ben precise sui parametri che devono essere individuati negli accordi di secondo livello per ottenere l’accesso all’imposta del 10% sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali.
Secondo l’Agenzia, “non è sufficiente che l’obiettivo prefissato dalla contrattazione di secondo livello sia raggiunto, dal momento che è altresì necessario che il risultato conseguito dall’azienda risulti incrementale rispetto al risultato antecedente l’inizio del periodo di maturazione del premio”.
Pertanto bisogna prestare molta attenzione agli accordi in vigore, per verificarne l’aderenza o meno al dettato normativo e di prassi.
La norma di riferimento sulla detassazione dei premi di risultato è il decreto interministeriale Lavoro-Economia attuativo dell’articolo 1, comma 188, della legge 208/2015. Secondo l’art. 2, per poter usufruire della “cedolare secca” del 10%, i sistemi premiali devono essere regolati da intese collettive territoriali o aziendali, intendendosi come tali quelle stipulate da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
Un altro elemento fondamentale è quello riguardante l’esatta definizione dei premi di produttività che si identificano nelle somme di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione.
Pertanto le caratteristiche che devono essere presenti sono due: i premi devono essere variabili, non sono conformi al dettato normativo accordi che prevedano erogazioni in misura fissa; dall’altro lato, i contratti collettivi devono stabilire criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività descritti non in via astratta ma riferendo il controllo ad un periodo congruo definito.
Il Dm lascia dunque libertà alle parti, sia sull’individuazione dei target, sia dell’arco temporale di riferimento, ma non è possibile prescindere dalla sussistenza di questi elementi. Pertanto, vanno individuati sistemi oggettivi di monitoraggio correlati a un determinato intervallo di tempo.
Il datore di lavoro, nella sua veste di sostituto d’imposta, dovrà essere in grado di sostenere i requisiti dell’intesa in occasione di eventuali accertamenti fiscali: peraltro, depositando il contratto, come previsto dall’articolo 5 del Dm, il datore ne dichiara la conformità alle disposizioni del decreto.
La risoluzione 78/E ha ribadito che se lo schema premiale non rispetta i principi illustrati sopra e il datore ha corrisposto il premio applicando comunque il regime agevolato, dovrà recuperare la differenza di Irpef e addizionali, tra l’importo dell’imposta sostitutiva già versato e l’importo effettivamente dovuto in applicazione delle ritenute ordinarie sui redditi da lavoro dipendente.
Il primo passo è evidenziare nuovamente in busta paga l’imponibile detassato in precedenza e, tramite il ricalcolo dell’imposta dovuta, recuperare gli importi dagli stipendi. Il secondo passaggio consiste nel calcolare gli interessi per il ritardato versamento. Tutto questo è possibile in fase pre-conguaglio e di ravvedimento, viceversa, decorsi i termini o in sede di accertamento, al datore di lavoro sarà applicato il regime sanzionatorio ordinario.
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